_

erika - gbia@hdemia.it

Mentre stringo fra le mani il martello con cui la colpirò,mi chiedo cosa mi abbia spinto a far entrare nella mia placida esistenza l’altezzosa Erika,nordica bellezza dal carattere difficile. Anche adesso che la fine è vicina mi osserva con disprezzo,sicura che non avrò il coraggio di farlo. Come si sbaglia!Quando gli uomini pazienti e dolci come me finalmente perdono la testa succedono le cose più tremende. Troneggio sulla sua piccola,insignificante massa,e nemmeno un tremito la scuote.
Tutte le persone che l’avevano avuta (la monogamia non è il suo forte) mi avevano avvertito: “E’impossibile, vedrai;ti farà perdere la testa e non verrai a capo di nulla”,ma io ho pensato che risolvere quotidianamente i complicati problemi legali per la multinazionale in cui lavoro avesse plasmato il mio carattere, rendendolo pronto al dialogo e al compromesso. Ma lei neanche parla;resta chiusa nel suo mutismo e ride di ogni mio tentativo di creare una connessione. Lo ammetto,è stato il suo aspetto a farmi perdere ogni prudenza: l’ho fatta entrare nella mia casa compiacendomi della sua bellezza,trattandola come mero oggetto decorativo,come quei maschilisti ai quali mi sono sempre sentito superiore,e lei deve averlo capito. All’inizio sembrava docile ed arrendevole,e io l’ho sottovalutata;ho pensato che sarebbe bastato poco per entrare nelle sue grazie e farla mia per tutta la vita. Ma poi ho provato di tutto per farmi perdonare,per farle capire che ero pentito!A nulla sono valse le parole dolci,le carezze e i complimenti:tutti i miei tentativi sono stati un fallimento. Le donne che ho avuto sono sempre rimaste conquistate dalle mie delicatezze ed attenzioni:con lei era tutta fatica sprecata,e la sua volontà di ferro non faceva che accrescere la frustrazione e insieme la mia febbre di conquista. Quante notti trascorse ai suoi piedi,cercando di comprenderne il mistero!E sempre il suo sguardo di ghiaccio,perforante,che mi azzerava il pensiero e la ragione! Perfino al lavoro,non appena si presentava un cavillo più complicato del solito,trasferivo il senso di impotenza su scartoffie e documenti che spesso,e lo ammetto con vergogna,volavano dalla finestra. Come avrei voluto,una volta tornato a casa dopo una dura giornata di lavoro,rilassarmi e distrarmi un po’! Ma c’era sempre Erika col dito puntato che mi accusava di essere un fallito,un uomo inutile incapace di darle la completezza che cercava.
Spero che,una volta fatto ciò che sto per fare,mi daranno le attenuanti per temporanea insanità mentale: chiunque abbia provato la completa frustrazione ed impotenza che provo io da un anno,che ha pianto tutte le lacrime di umiliazione che ho pianto io,mi potrà capire.
Sollevo il martello e lo calo più forte che posso sul piano in legno di pino della cassettiera Erika comprata all’Ikea,che non si è mai incastrato alla struttura sottostante;sfondo i cassetti dalle graziose maniglie che non si sono mai aperti completamente e finisco la maledetta cosa a calci,sentendomi l’uomo più felice e potente della terra. 

.