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vertigine - apiras@hdemia.it

No stasera, sopra questo cornicione di merda, sporco di piscio di piccione, al settimo piano di un vecchio palazzo di periferia, in questa città del cazzo che è Milano, non ci sono finito per caso.
So cosa state pensando, ma io non sono uno dei soliti falliti che si butta di sotto perché la tipa l’ha lasciato, tradendolo. Magari col suo migliore amico, o più schifo ancora col suo capo. Non sono mica così sfigato. No io sono un uomo di un'altra pasta.
Il mio gesto ha un senso molto più insano di violenza congenita. Pensate che non vi veda da qua su? Mi fate schifo tutti quanti. I vostri lavori mediocri, le vostre vite mediocri. Le vedo, da qua, le vostre case da palazzinari borghesi, la cucina color pastello a parete dell’Ikea, il microonde, la tv a schermo a piatto, la lavastoviglie e la lavatrice. Le vostre macchine, borghesi anche quelle. Ridicole e pompose, rosse, gialle, bianche come i taxi, nere come la notte buia, come la morte. Vi vedo dentro i vostri Suv, da migliaia di euro. Luride puttane impellicciate coi loro marmocchi viziati seduti sul sedile di dietro. Col grembiulino, il cellulare in una tasca, e la psp tra le mani. Cazzo se ne può fare un bambino di 8 anni di un cellulare!. Le vedo ingoiare petrolio e sputare morte ogni giorno. E come sono piccoli da qua su i vostri tram, gialli, arancioni, verdi, che vanno su e giù per le rotaie, tra il grigio dei viali alberati. Grigio, come il colore delle vostre coscienze, limpide e immacolate. Già da qua su, sembrano quasi finti i vostri trenini sempre in ritardo, i vostri passaggi a livello con le loro luci, rosse, intermittenti. Le vostre stazioncine da modellismo infantile, piene di polacchi, rumeni, albanesi. “porto bagaglio signore”? Le vostre entrate della metrò, piene di anime invisibili, quasi trasparenti. Casa, lavoro, lavoro, casa… Migliaia di anonimi cappotti che si sfiorano ogni giorno senza mai incontrare il calore di uno sguardo. Le vostre strisce pedonali, i vostri chioschi dei giornali. Stampati a Roma come a Milano da un operaio Maghrebino. Arrivato in Italia con un barcone costruito in Algeria, con legno proveniente dal Libano, e un navigatore satellitare basato su una tecnologia Statunitense, progettato da un Ingegnere informatico Indiano trapiantato nella silicon valley… E come sembrate distanti da quassù, con i vostri cappottini e i vostri stivaletti in gomma. Il vostro bellissimo lettore mp3 o i - phone nuovo di zecca. Progettato in India, fabbricato in Cina, con manodopera pagata in nero, cinese pure quella. Plastica cinese, sangue, sudore e budella cinesi. Confezionato in America, trasportato in Italia chissà come e chissà dove. Pensate che non vi veda camminare tranquilli sulle vostre personalissime Nike. Progettate in America, da un ingegnere pakistano. Fabbricate a milioni di coppie in Thailandia. Dalle mani di bambine che prima o poi finiranno per prostituirsi con dei pedofili di merda rotti in culo del cazzo, tedeschi, francesi, italiani o spagnoli. E voi camminate tranquilli, con la morte sotto ai piedi. Con la vostra musica sintetica del cazzo che vi martella le orecchie, spappolandovi il cervello con emozioni preconfezionate in formato famiglia.
No, io stasera non ci sono finito per caso su questo cornicione.
Sono sul bordo di questo cornicione di merda, per ricordare a me stesso che la vita dura un fremito. Il tempo del battito di ali di una farfalla… E…Puff sei andato. Fottuto per sempre! Ed è come se non ci fossi mai stato. Il mondo potrebbe fare tranquillamente a meno di te.
Sono sul bordo di questo cornicione, qui al settimo piano, col vento che continua a sbattermi in faccia quella vertigine… Quel soffio di divino che ognuno di noi banalmente chiama vita.
Ed adesso, mentre spengo la mia ennesima canna, e scendo le scale aprendo il portone per raggiungere la macchina, continuo a pensare che sotto sotto non siamo poi così diversi.
Già, perché io in fondo sono proprio uguale a voi! Un codardo che cammina tutti i giorni con una pistola puntata alla tempia. Con un mutuo da pagare, una famiglia da mantenere. Un lavoro normale, con uno stipendio normale, con un capo che al posto del cervello ha una fossa settica intasata e stagnante... Normale anche quello. Già, mentre riaccendo il mio cellulare, per sentire mia moglie, ed avvisarla che mi hanno trattenuto a lavoro e farò un po’ tardi per cena, mi convinco sempre più che non siamo poi cosi tanto diversi. Ed anche ora che finalmente sono davanti al mio computer portatile, dopo aver scritto questo racconto di merda, mi sento proprio uguale a voi. Si esatto. uguale a voi, né più né meno. Ed anche in questo momento che sto per accendere la mia ultima canna, la canna lucida, fredda della mia Beretta. Ora che questo sapore insolito, misto tra il metallico e l’oleoso della vasellina, mi pervade la bocca, sono sempre più convinto, che si, sono proprio uguale a voi. Forse… e anche se fosse, è ancora per poco. Il tempo di cliccare questo fottuttissimo grilletto, e finalmente… Sarò veramente libero!

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